I lavori di dieci fotografe scelti da Antonio Manta per la potenzialità del messaggio, senza considerare la tecnica di realizzazione. Tra di loro ci sono artiste affermate, come Vanessa Rusci, e fotografe dell’ultima ora come Giulia Massai, che ha cominciato a fotografare dall’inizio di quest’anno.
SONIA BERARDI / Io sono metallo
Nel lavoro autobiografico di Sonia Berardi si trovano immagini crude, vere, reali. Il progetto nasce da una urgenza espressiva dell’artista che cerca in questi autoritratti la via per conoscere e accogliere i suoi demoni.
Metallo è materia forte e nello stesso tempo duttile, resistente ma penetrabile, dura ma pronta a fondersi. “Io sono metallo” è il bisogno di Sonia di esprimere lati di sé che pochi metterebbero in mostra.
Chi di noi non ha trascorso notti insonni con pensieri indicibili su di sé e sul mondo? Ecco che nel progetto autobiografico è possibile trovare un riflesso di pensieri nascosti, inconfessabili alla mente ma riconoscibili al sentire.
Sonia Berardi (San Marino, 1974) è affascinata dall’umano nelle sue sfaccettature. Inizia e continua ad esplorarlo nella professione di medico. Nel 2010 riceve in regalo una macchina fotografica. Si spalanca un nuovo modo di osservare l’umano, iniziando dai ritratti per poi rivolgere l’obiettivo verso di sé. Per una esplorazione non filtrata, dove i muri e le catene possono finalmente cadere in un eterno tentativo di arrivare all’essenza.
ANNA FERRARA / Vorrei essere…
"(Il mio processo è caotico) Un divenire caotico, pieno di false partenze. Un maremoto che improvvisamente esige il (suo) qui e ora. E succede che quando ci sono troppe cose da raccontare, scarabocchio frammenti d'immagini, nomi di personaggi che esistono oltre l'illusione della carne. Involucri celati che trovano la giusta luce tra le mie ombre".
Anna Ferrara nasce nell’ agosto del 1982, a Caserta. All’età di 15 anni inizia il suo percorso d’arte, scaturito dalla voglia di creare un diario fatto di materia, senza carta, ma solo di corporeità. Viene ispirata dall’esperienza del fermo teatrale, grazie alla sua capacità di estraniarsi all’ovvietà, ed è così che all’interno di un teatro di quartiere ha la possibilità di capire che non è la regia a misurare la sua natura artistica, ma la fotografia. Nel 2000 partecipa al bando di concorso per l’ammissione all’Università dell’Immagine di Fabrizio Ferri, vincendo una borsa di studio che la porterà a trasferirsi a Milano. Intraprende un percorso artistico-creativo, che la vedrà attiva prima come Stylist e successivamente come scout per videoclip musicali, fotografa per eventi e shooting di moda per giovani stilisti emergenti e infine come Visual. Collabora con la fotografa Vanessa Rusci a progetti di didattica infantile, “La Fotografia attraverso i 5 sensi”, iniziativa promossa dalla Regione Toscana.
EMANUELA GASPARRI / Hajirai
"Hajirai, una parola giapponese che in poche sillabe racchiude l’insieme di un concetto, una serie di caratteristiche comportamentali e mentali che identificano una persona e la propria personalità nell’approccio alla vita e alle interazioni personali, poche sillabe che riescono a racchiudere il significato di timidezza, riservatezza, delicatezza e timore. Hajirai non è solo una parola, racchiude in sé un modo di essere in cui mi rispecchio.
Ed è per questo mio modo di essere che dal 2017 ho scelto di raccontare le mie emozioni e i miei stati d’animo attraverso l’autoscatto. Mi fotografo per raccontarmi, tramutando in immagini le sensazioni, le paure, i turbamenti e le emozioni che provo e che difficilmente per carattere riesco a esprimere, trattenendo tutto dentro di me in maniera del tutto insospettabile per chi mi osserva dall’esterno. Un diario emotivo quotidiano che mi accompagna da tre anni aiutandomi a tirare fuori le emozioni, a lasciarmi andare e a liberarmi di tutto quello che non riesco a esprimere con le parole. Uno sfogo visivo delle reazioni emotive che vivo e che sento ma che rimangono inespresse, nascoste dentro di me per riservatezza, per timore di mostrare le mie fragilità, per timidezza".
Emanuela Gasparri (1981) inizia la sua formazione come fotografa allo Spazio Tangram di Napoli, nel 2013. Frequenta poi la Scuola di fotografia analogica e digitale presso il Centro di Fotografia indipendente sempre a Napoli, dov’è nata. Segue un workshop di reportage e un master in fotografia di scena per il teatro sotto la guida di Mario Spada, di cui è assistente. Dal 2018 è fotografa del Teatro Bellini di Napoli.
GIULIA MASSAI / You see me?
Pensando allo scrittore Antoine de Saint-Exupéry, con la frase “Si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” possiamo parlare del lavoro di Giulia che, con estrema delicatezza e in punta di piedi, parla di un suo sentire molto profondo e della percezione che gli altri hanno di lei. Tutti prendono la parte superficiale di ciò che lei mostra e non si soffermano mai a guardarla bene o a tentare di capire veramente i suoi stati d’animo con un guardare più profondo, più innamorato, nel senso di amore per la persona che ti sta di fronte. Lei sempre solare, pronta a dare un aiuto a tutti che, inspiegabilmente per lei stessa, si trova sola nei suoi pensieri, nei suoi timori e non vuole chiedere niente a nessuno. Ma basterebbe osservarla bene, dietro la maschera che porta con il suo sorriso smagliante, per rendersi conto di quanto sia fragile. Le sue fotografie sono come un grido sopito di ricerca di amore.
CATIA MENCACCI / Un metro di distanza - L'amore ai tempi del Coronavirus
"L'idea è nata durante l'emergenza causata dalla diffusione del virus Covid-19. Stavo guardando vecchie cartoline degli anni 20 e 30 acquistate in una bancarella del mercato delle pulci, raffiguranti coppie di star del cinema in pose di teneri amanti. Una delle regole imposte fin da subito alla popolazione per limitare la diffusione della pandemia è stata quella di tenere "un metro di distanza" tra gli individui: da qui il mio pensiero su quanto sia stato difficile per le coppie non conviventi (oltre agli altri problemi) adeguarsi a queste direttive, doverose e ineludibili. Le cartoline sono state elaborate con lo scanner, utilizzando la tecnica (a dir poco certosina) del trascinamento manuale per creare questo effetto di stacco tra i due modelli fotografati proprio in quel punto preciso, dopodiché sono state riproporzionate e stampate. Successivamente ho invecchiato manualmente le foto e le ho fotografate di nuovo. Con una breve ricerca sono riuscita a rintracciare buona parte dei titoli dei film interpretati dagli attori nelle scene fotografate sulle cartoline".
Catia Mencacci nasce a Cortona, in provincia di Arezzo, e si avvicina alla fotografia solo nell'età adulta. È infatti nel 2012 che, accettando la proposta di una sua amica, si iscrive per la prima volta ad un corso di fotografia, frequentando le prime lezioni senza avere ancora acquistato una fotocamera. Subito la passione per questo nuovo mondo la travolge; ciò che le interessa, però, non è la rappresentazione fedele di ciò che la circonda, non vuole immortalare "l'attimo", quello che la intriga è creare immagini oniriche ed impressioniste che, trascendendo la realtà, cercano di evocare un ricordo, un sogno, un'emozione.
PATRIZIA MORI / Albergo Trento
Tutto è inevitabilmente verità e passaggio e osservare il mondo in cui siamo immersi ci mostra il processo che ha portato la realtà ad essere quella che è. Patrizia Mori, viaggiando sui fili dei ricordi e della memoria, porta all’interno di un vecchio albergo di paese abbandonato le storie sospese della sua generazione, quella dei grandi ideali degli anni Settanta. Le passioni, le attese e le aspettative svanite, degradate come gli oggetti che abitano questo luogo ormai dimenticato. In una visione al tempo stesso concreta e immateriale, i personaggi sembrano ritrarre le storie solitarie e ormai incomunicabili di quel declino interiore, che si riflette nell’ambiente. Tasselli ammantati di malinconia di un “Grande Freddo” che ha cambiato ogni cosa.
Sono nata a Siena nel 1955. Ho sempre frequentato l'arte da spettatrice e sperimentata da amatore, iniziando con la pittura, il teatro e poi, dal 2006, la fotografia. Alla fotografia sono arrivata tardi, dopo i cinquant’anni, iniziando a seguire vari corsi e workshop. Nella mia ricerca evito gli artifici di un estetismo fine a se stesso e cerco soprattutto la storia, il racconto che nasce quasi sempre prima degli scatti, e trova forma nelle cose che si fanno indagare. Mi piace il bianco-nero, il nero chiuso e il bianco assoluto, ma mi affascina anche il colore. La costante necessità di nuovi traguardi, nuove sperimentazioni e nuove idee è ciò che mi muove incessantemente.
ELISA NOTARNICOLA / Bianca
"Ti ho tenuta nascosta dentro di me. Come il dolore che provo. Nascosto, invisibile. Vetri rotti, macerie, ombre continuano a ferirmi. Ho tenuto nascosto il dolore. Per paura di perderlo. Era comunque il ricordo di te. L'unica cosa che mi rimaneva di te. E me la sono tenuta stretta per tanti anni. È arrivato il momento di farti uscire. Di liberarti. Te lo meriti, me lo merito. Alzo lo sguardo al cielo e ti lascio andare. Sei la speranza. Sei ovunque intorno a me. Dentro e fuori. Libera tu. Libera io. Indissolubili. Bambina mia".
Elisa Notarnicola (Arezzo, 1975) inizia il suo viaggio nella fotografia nel 2011. Dopo un evento traumatico si concentra sulla ricerca del bello in ogni sua forma. Come ad esorcizzare con la fotografia quel momento difficile.
La sua è ricerca del “bello” non come lo Intediamo oggi, ma come lo intendevano i Greci e i Romani. Armonia, equilibrio, di forme e di pensiero. Anche dove apparentemente non c’è. Si concentra sulla ritrattistica sperimentando il nudo, il glamour e la boudoir photography. Lo studio del corpo come forma espressiva. Sperimenta anche con la paesaggistica e la ricerca del dettaglio, al quale dà molta rilevanza. Crede molto nel progetto fotografico come mezzo per raccontare una storia. Che sia la sua, o quella degli altri.
MICHELA RUFINI / ISLAND
"Nessuna nave arriva a lenire la solitudine.
Meglio incamminarsi tra i sassi di questa isola deserta
per imparare ad ascoltare il vento.
Ogni giorno mi guardo intorno in questa casa che non riconosco e cerco tracce di me
pensando alle parole che non potremo dirci".
Michela Rufini si avvicina alla fotografia sin da bambina fotografando le cose che la circondano con la reflex di sua madre. Per anni coniuga le sue due passioni: viaggiare e fotografare. Attraverso la macchina fotografica scruta il mondo e contemporaneamente indaga il senso della sua esistenza. La fotografia è per lei una conversazione intima, un dialogo tra il suo mondo interiore e quello esterno.
VANESSA RUSCI / Fate: Secessione 2020
"Dalla serie di workshop 'About your body', il mio workshop per le donne sulla bellezza e l’autostima, nasce il ciclo di set fotografici realizzati nel 2018-2019. Da queste foto è iniziata una ricerca sulla bellezza del corpo femminile.
Una serie di immagini di donne, donne traduttrici di paure, schiave di tabù, ma anche femmine fatali, vendicative e consolatrici di se stesse, donne sicure della propria identità, affrancate da secoli di oscurità, in viaggio e in trasformazione, evolute. Ognuna con una storia, con dei segni sul corpo e nell’anima, vittime e carnefici nel lungo viaggio della vita. In questo progetto confluiscono tanti altri miei progetti: il nudo e il corpo che studio dal 1996, 'Sign' del 2000, 'Fate' del 2001, 'Ana' 2004, 'So Ugly' 2006, le 'Vjtable' del 2006, 'Concrete' del 2010, 'About your body' del 2014, 'Noi social 4 Women' del 2016, i ritratti performativi e forse gran parte del mio cammino fotografico. Il colore e l’estetica diventano temi principali. Le donne e le loro storie diventano guarigione, trasformazione, giustizia, libertà, leggerezza… Frutto di circa 5 anni di studio e ricerca sul tema della bellezza e della rappresentazione della donna nell’arte, questo lavoro mi porta su lidi sconosciuti, da perlustrare, da imparare. Con un chiaro riferimento al pensiero di Klimt sulla donna e sulla sua rappresentazione: 'Secessione 2020' segna un cambio di passo nella mia ricerca, abbandono i miei cliché e mi spingo nella sperimentazione del bello".
Vanessa Rusci nasce a Grosseto nel 1971. Inizia a fotografare nel 1989 come autodidatta, frequentando i circoli foto amatoriali. Dal 1996 frequenta Roma e il mondo artistico romano. Si trasferisce a Milano nel 2001 dove studia presso l'Università dell'Immagine di Fabrizio Ferri. Frequenta il Belgio dal 2002 al 2011. Nel 2006 affitta un appartamento nel bellissimo Castello di Saltemnano nella campagna senese, dove rimane fino al 2018. Attualmente vive a Roma e si sposta tra la Toscana (dove collabora con la Bottega di Antonio Manta) e l'Inghilterra. Dal 1996 frequenta regolarmente Londra dove lavora sia come artista e fotografa professionale grazie alla collaborazione con Michelangelo Bonitatibus, artista italo-inglese, con il quale realizza lavori artistici e commerciali. I temi principali dei suoi lavori sono sociali. La fotografia, spesso concettuale, è uno strumento per far riflettere, per provocare, da inserire spesso in performance, in installazioni.
VALERIA SANNA / Viaggio a Sud di Ortned
Il titolo ci rimanda a un viaggio. all’esplorazione di una terra lontana, Ortned. Niente di più vero, è un viaggio nell’Io di Valeria, nel suo profondo intimo. È l’esplorazione di noi stessi. Un viaggio che tutti dovremmo compiere. Valeria affronta questo viaggio in modo molto coraggioso, mostrandoci tutta la sua fragilità e tutte le sue paure, la sua voglia di cambiare e di far capire chi lei sia veramente. In questo suo “viaggio”, usa la fotografia come “mezzo di trasporto”, in modo molto libero. Si lascia andare ai suoi pensieri, abbatte tutti i muri che si è costruita nel tempo e libera solo ciò che sente dal profondo. Tutte le sue immagini rimandano ad una voglia repressa di “volare”, di sognare, e alla sua paura del giudizio degli altri. La paura di essere rifiutati è un esperienza comune a tutti. È parte del nostro patrimonio genetico e ha una spiegazione evoluzionistica. Gli esseri umani tendono a ricercare accettazione e apprezzamento per non essere rifiutati e allontanati. Per i nostri antenati, essere rifiutati avrebbe messo a rischio la loro vita. Far parte di un gruppo, di una comunità, era fondamentale per garantirsi la sopravvivenza e il nostro cervello si è evoluto percependo il rifiuto come una minaccia. Valeria inizia il suo viaggio proprio dal suo “branco di nascita” e scava nei suoi ricordi, nelle sue emozioni. È un esempio di come la fotografia sia sempre un “selfie”. Le immagini che creiamo riportano sempre qualcosa di molto nostro e intimo che bisognerebbe imparare a conoscere e vedere per farci comprendere dagli altri e relazionarci con loro senza l’uso di maschere.
Valeria Sanna è nata a Mogorella, Oristano, nel 1987. Sin da giovane è appassionata di fotografia, mezzo che usa per esprimere e raccontare con il suo occhio e il suo cuore il mondo che la circonda. La macchina fotografica la usa come penna per descrivere ed interpretate le sue emozioni, mettendo al centro la ricerca di sé. A Milano frequenta la scuola di fotografia Fpschool di Sandro Iovine che nel 2019 la candida ad esporre al BìFoto Fest, festival di fotografia a Mogoro, dove è consulente artistico. Nel 2020 si avvicina a BAM e, con Antonio Manta, inizia un percorso formativo e lavorativo per dare vita ai suoi progetti.